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Siamo solo all’inizio di una lunga avventura di catalogazione e studio delle innumerevoli referenze che hanno strutturato la ricerca di Luigi Pericle. Una nota in uno dei suoi quaderni riguarda l’oggi famosissimo

Fritjof Capra

Il quaderno non è vecchissimo, sará forse redatto attorno al 1988 (mi ricordo che a scuola usavo lo stesso tipo).

Alcuni dei nomi che appaiono sono :

San Giovanni

Rudolf Steiner

Novalis

San Pietro

John Eccles

Sant’Agostino

Padre Pio

San Giovanni Evangelista

Gilles Quispel

Tommaso evangelista

Shakespeare

Shiva, Visnu, Vasudeva, scritti in greco,

Telesterion, Ierofanti,

telesterion.jpg

Sri Ambubhai

Monaci Zen

Apollo

Omero, gli Ionici

Teogenesi, Teosofia

Fritjof Capra

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Fritjof Capra (Vienna1º febbraio1939) è un fisico e saggistaaustriaco. Fisico e teorico dei sistemi, è saggista di fama internazionale. Diventato famoso con Il Tao della fisica, del 1975, tradotto in italiano nel 1982 (Adelphi), ha visto la sua fama aumentare con la ristampa del 1989. Si è occupato anche di sviluppo sostenibileecologia e teoria della complessità. Così egli ha descritto la sua intuizione della realtà spirituale:

«Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro. In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. […] Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; «vidi» scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; «vidi» gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a quella danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica: e in quel momento seppi che questa era la danza di Śiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù
(Il Tao della fisica, Adelphi, 1993, pp. 11-12)

Capra parte dall’osservazione della fisica moderna, con la teoria della relatività di Albert Einstein e la meccanica quantistica, e presenta un quadro che può essere visto anche sulla base di elementi spiritualistici. Secondo Capra le “particelle” subatomiche sono in realtà concentrazioni di energia pura in vibrazione piuttosto che vere e proprie entità materiali; il fisico deve non osservare, bensì partecipare:

«L’idea di «partecipazione invece di osservazione» è stata formulata solo recentemente nella fisica moderna, ma è un’idea ben nota a qualsiasi studioso di misticismo. La conoscenza mistica non può mai essere raggiunta solo con l’osservazione, ma unicamente mediante la totale partecipazione con tutto il proprio essere.»
(Il Tao della fisica, Adelphi, 1993, p.161)

Il nome Fritjof fu scelto dalla madre che amava la “Saga di Fritjof”, una composizione svedese.

Pensiero

Già nel libro Il Tao della fisica (Adelphi), che ha avuto grande successo ed è stato ristampato in varie lingue, l’autore critica il modello di scientificità (di derivazione cartesiana) prevalente nel mondo moderno occidentale, in quanto contrassegnato da un’impostazione meccanicistica, quantitativa e riduzionistica, che non corrisponde alla complessità del reale. Il suo successo sarebbe dovuto non alla portata teoretica, bensì ai risvolti pratici, in quanto tale paradigma scientifico avrebbe facilitato e potenziato il predominio dell’uomo sulla natura, così come auspicato da Cartesio, da F. Bacone e da altri “padri” della modernità.

Secondo Capra, vi è un intimo legame tra la gravissima crisi ambientale del nostro tempo e il tipo di cultura anti-ecologica affermatasi in Occidente negli ultimi secoli. Egli teorizza l’avvento di un nuovo paradigma, ricavabile dagli sviluppi della “nuova fisica” (e di altri settori della scienza contemporanea), ma anche dal misticismo orientale (Taoismo in primo luogo) e da varie altre saggezze premoderne orientate ecologicamente. Si tratta di elaborare un nuovo pensiero, caratterizzato in senso olistico, o meglio sistemico: esso viene così denominato perché privilegia il sistema, cioè la rete complessa costituita dalle molteplici interrelazioni, e non le singole unità costitutive (come voleva l’approccio analitico di stampo cartesiano). Seguendo tale orientamento che privilegia la “rete della Vita” (immagine di grande efficacia più volte impiegata da Capra) e le interconnessioni cosmiche, l’Essere umano stesso è visto come parte della Natura (e non in contrapposizione ad essa).

Le implicazioni che ne discendono sono innumerevoli: qui ci limitiamo a sottolineare che l’Aspetto Naturale (il Divino) della Natura reale non è più riducibile ad oggetto di arbitrarie manipolazioni spirituali, mentali o tecnologiche; al contrario, Capra osserva che noi dobbiamo imparare dai Cicli Cosmici Naturali e dai Principi organizzativi degli Ecosistemi multilevel, anche con lo scopo improrogabile di costruire delle comunità sostenibili, capaci di ridurre al massimo gli effetti degli impatti ancora poco ecologici. Questo obiettivo non è più rinviabile, data la gravità della crisi ambientale a livello planetario: in funzione di ciò, Capra ha fondato a Berkeley il Center for Ecoliteracy, che come suggerisce il nome, si propone di promuovere l’ecoalfabetizzazione, la cui portata e urgenza è così delineata dallo stesso Capra: “…l’ecoalfabetizzazione è una dote essenziale per i politici, gli uomini d’affari e i professionisti in tutti i campi. Di più, l’ecoalfabetizzazione sarà fondamentale per la sopravvivenza dell’umanità nel suo insieme, quindi costituirà la parte più importante dell’educazione a ogni livello”. Nel presentare il valore formativo dell’educazione ecologica, Capra si ispira all’ecologia profonda, nel mentre prende le distanze dall’ecologia superficiale, in quanto caratterizzata in senso antropocentrico ed efficientistico; infatti “nell’ecologia superficiale gli Esseri umani sono posti al di sopra e al di fuori della Natura (Intima e reale) e, ovviamente, questa prospettiva si accorda con il dominio su tutti gli aspetti della Natura… alla Quale si attribuisce esclusivamente un valore d’uso, un valore strumentale. L’Ecologia profonda vede gli Esseri umani come parte integrante della Natura, come nient’altro che un filo speciale nel tessuto della Vita Cosmica/Dio/Dao/Tao” [1].

Il Tao della fisica

Nel libro Il Tao della fisica Capra elenca una vasta serie di “affinità” tra il quadro che sembra emergere dalla fisica contemporanea e gli insegnamenti delle religioni orientali (InduismoBuddhismoTaoismo) e i relativi sistemi filosofici. L’universo sarebbe la manifestazione di un unico campo astratto di intelligenza universale, che darebbe origine ad ogni forma e le sue parti sarebbero intimamente connesse a formare un grande organismo unitario. In questa visione, importanza decisiva viene attribuita alle onde e al concetto di vibrazione, che sostituisce il concetto tradizionale e statico di materia (che difatti è superato dall’attuale fisica nucleare e subnucleare).

Il punto di svolta e successivi

Nel libro Il punto di svolta e nei successivi, Capra si allontana dagli argomenti prettamente scientifici e filosofici per affrontare temi politici, economici ed ecologici, che secondo lui deriverebbero in modo naturale dalla nuova concezione scientifica. Tali sviluppi hanno ispirato lo sviluppo di nuove discipline come l’ecopsicologia e sono stati ripresi da saggisti come la psicologa italiana Marcella Danon ma non sono stati seguiti o condivisi da altri scienziati che pure si trovavano in sintonia con i temi de Il Tao della fisica, come ad esempio John Hagelin.

Critiche al mercato globale del capitale

Quanto segue è un riassunto delle teorie espresse ne Il punto di svolta e altri lavori di Capra. Capra pone le seguenti critiche al commercio globale condivise anche da altri economisti:

  • Il trasporto e la produzione di un bene costano sì in termini di lavoro, ma anche e soprattutto di consumo di risorse e di inquinamento. Il prezzo reale del prodotto dovrebbe riflettere il danno ambientale dovuto sia al consumo delle risorse durante la produzione (foresta, territorio), sia all’inquinamento dovuti al trasporto.
  • Al momento, i paesi del G7, circa il 20% della popolazione, usano l’80% delle risorse. Mantenendo la stessa efficienza, per portare tutti allo stesso livello occorrerebbero il 400% delle risorse. Dato che al massimo abbiamo il 100%, bisognerà ridurre ad un quarto o meno la necessità di materie prime per la produzione.
  • Per portare tutto il mondo al reddito procapite medio dell’Europa o degli USA sarebbe necessario raggiungere un rapporto reddito procapite/risorse utilizzate insostenibile.

In generale, quanto sopra vale anche per le categorie svantaggiate che vivono nei paesi ricchi, in quanto è sempre necessario aumentare reddito e risorse utilizzate (dal nulla nulla si produce). Inoltre, si ha come corollario che per far progredire i paesi sottosviluppati è meglio dar loro conoscenze avanzate, piuttosto che far loro ripercorrere lo sviluppo dei paesi più ricchi, passando per legna – carbone – petrolio, e spingerli ad utilizzare tecnologie sostenibili: gas naturale, energia solare, eolica, etc.

Riassumendo le critiche, costruire una rete commerciale che non sia sostenibile, ossia che porti all’esaurimento delle risorse, per far sviluppare i paesi poveri, è svantaggioso principalmente per due motivi:

  • perché al più farebbero aumentare il reddito per pochi decenni;
  • perché le risorse si esaurirebbero, con lo svantaggio di aver aumentato l’inquinamento e precluso la strada ad altri metodi di sviluppo, avendo impoverito il territorio.

Secondo questo punto di vista, così come impostato il commercio equo-solidale non è sostenibile, perché il prezzo reale dovrebbe riflettere i costi necessari per riparare ai danni all’ecosistema causati dalla produzione, trasporto e vendita di un bene. Per di più, la mancanza di risorse necessarie per ripercorrere il processo di sviluppo tecnologico dei paesi e delle categorie svantaggiate rendono inadatti i processi e le economie attuali, non abbastanza flessibili per poter garantire il livello di rendimento richiesto.

Va dunque ripensata la base delle interazioni economiche e dei processi produttivi. Questo non significa che le categorie e i paesi svantaggiati debbano patire la fame, la sete, le malattie o rimanere al livello del neolitico, ma che si debbano utilizzare altri tipi di processi produttivi.

Capra fa l’esempio delle “Economic Networks“, ossia reti di sistemi produttivi che utilizzano l’uno gli scarti dell’altro come materia prima, che sono molto più competitive e tendono ad ottimizzare complessivamente le produzioni, utilizzando teoricamente la sola luce del sole. Si tratta in pratica di ecosistemi di fabbriche, studiati dallo ZERI (Zero Emissions Research and Initiatives). Non sono l’unico tipo di progetti simili, denominati genericamente Zero Emissions, tuttavia sono l’unico, al momento, che sia già stato sperimentato con successo, in BeninBrasileColombiaFigiNamibia e Zimbabwe, senza l’apporto di capitali stranieri, potendo vendere i loro prodotti a prezzi di mercato, e soprattutto grazie al solo impegno delle comunità locali – nessun apporto tecnologico non riproducibile in loco.

La critica fondamentale è che sembra irragionevole essere solidali con qualcuno comprando beni prodotti e trasportati con dei metodi che non possano essere utilizzati nel lungo periodo, che siano dannosi o che siano peggiori di altri e che siano alla portata delle categorie più svantaggiate come le carceri o comunità di recupero.

Opere

Note

  1. ^ F. Capra, D. Steindl-Rast, L’universo come dimora, Feltrinelli, 1993, pag. 94.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

 

Telesterion

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Telesterion
Overall view of the Telesterion, the

Il luogo del telesterion a Eleusi

Civiltà antica Grecia
Utilizzo Luogo delle iniziazioni ai misteri eleusini
Localizzazione
Stato Grecia Grecia
Comune Eleusi
Mappa di localizzazione

Coordinate38°02′27″N 23°32′19″E (Mappa)

Il telestèrion (in greco τεληστήριον, luogo delle iniziazioni, da τελέω, esser portato a compimento, a perfezione, iniziato) è un edificio monumentale greco antico del santuario di Eleusi, in Attica, destinato alla celebrazione del complesso rituale dei misteri eleusini. Le evidenze archeologiche sono in accordo con le fonti letterarie, dimostrano cioè come le origini dell’edificio (insieme al culto che all’interno si celebrava) affondino le loro radici almeno nella piena età micenea. L’edificio è stato rimaneggiato più volte sino a raggiungere architettura stabile solo in età classica, quando il telesterion fu riedificato da Ictino intorno al 445 a.C. e successivamente ultimato in età ellenistica con l’edificazione del portico da parte dell’architetto Filone[1].

Nel telesterion di Eleusi fu iniziato Eschilo, originario di Eleusi.[2]

Storia

Durante l’epoca micenea esisteva già un piccolo luogo di culto. Al tempo di Pisistrato (525 a.C.) l’edificio aveva raggiunto una forma quadrangolare e circondato da gradinate per accogliere i fedeli. Nel 480 a.C. fu distrutto dai Persiani dopo la battaglia delle Termopili. Al tempo di Cimone (465 a.C.) furono iniziati i lavori per l’ampliamento. Interrotti, furono in seguito ripresi da Pericle (447-438 a.C.) che li affidò all’architetto Ictino, autore della sistemazione monumentale dell’Acropoli di Atene. Nel 330 a.C. Filone aggiunse un portico con colonne doriche. In epoca romana fu distrutto durante l’invasione dei Costoboci e ricostruito da Marco Aurelio nel 170. Nel 396 i Visigoti di Alarico invasero l’Attica distruggendo il telesterion definitivamente[3].

Gli edifici di età arcaica e classica

Verso il 520 a.C. l’edificio di precedente edificazione e risalente al VII a.C. venne ampliato per accogliere un numero maggiore di fedeli. Esso acquisì una struttura quadrangolare, con l’anaktoron (un ambiente destinato a contenere l’immagine sacra di Demetra) situato in uno degli angoli e una serie di gradini addossati a tre pareti per permettere ai fedeli di assistere ai misteri. Uno dei lati si apriva all’esterno su un portico retto da colonne doriche; le colonne interne erano di ordine ionico.

L’edificio dei Pisistratidi fu distrutto dai Persiani nel 480 a.C. e venne riedificato sotto Cimone già nel 465 a.C. Il progetto prevedeva un edificio ancora più grande del precedente, che riportava l’anaktoron al centro dello spazio ora rettangolare, ma non venne terminato e fu ripreso sotto Pericle dall’architetto Ictino. Ictino aveva previsto uno spazio quadrangolare, con l’interno articolato su due ordini per i fedeli, un deambulatorio mediano per le processioni e uno spazio centrale per il culto. La copertura doveva essere sostenuta da sole venti colonne, disposte in cinque file da quattro, in modo da liberare la vista verso il centro. Anche il progetto di Ictino non fu portato a termine.

L’edificio di Filone

L’edificio completo, alla data dell’ultima modifica apportata nel 330 a.C., aveva una pianta quadrangolare di cinquantadue metri per lato ed era dotato di sette gradini che correvano lungo tutto il perimetro del quadrato. Al centro era posto l’anaktoron accanto al trono dello Ierofante, sede vera e propria dei rituali misterici. Le colonne di sostegno erano divenute quarantadue. A Filone spetta il completamento del portico costruito solo sul lato principale dotato di quattordici colonne in ordine dorico e sormontato da un frontone. L’accesso all’edificio era consentito da coppie di porte aperte sui lati nord, est e sud.

Fonti antiche

Sembra che siano da ammettere due differenti luoghi di culto: un originario tempio realizzato da Ictino, pressappoco sul luogo in cui poi venne costruito il tempio “L” di età romana, e il telesterion[4]. Strabone[5] e Vitruvio[6] parlano di Ictino come realizzatore di una struttura con cella per Kore e Demetra, priva di colonne esterne (per guadagnare spazio e accogliere un maggior numero di fedeli): quindi un tempio vero e proprio (senza peristasi). Mentre sappiamo che il telesterion era un edificio, in nulla simile ad un tempio. Plutarco parla invece di Corebo come iniziatore del telesterion, completato poi da Metagene e Xenocle, autore quest’ultimo dell’opaion. Vi sono poi anche fonti iconografiche a conferma di questa ipotesi che menzionano Filegoro e Atenodoro come autori del portico del Telesterion e non Filone, (come vorrebbe invece Vitruvio): quest’ultimo sarebbe invece autore di un vestibolo, forse su committenza di Demetrio Falereo (fine IV a.C.), nel tempio di Ictino.

Note

  1. ^ The Oxford Dictionary of Architecture (3ª edizione) s.v. Philo or Philon.
  2. ^ Jean Marquès Rivière, Storia delle dottrine esoteriche, Edizioni Mediterranee, 1984, ISBN 9788827207840URL consultato il 15 febbraio 2018.
  3. ^ ELEUSI in “Enciclopedia Italiana”, su www.treccani.it. URL consultato l’8 novembre 2017.
  4. ^ “Mysteria. Archeologia e culto del santuario di Demetra a Eleusi” di Lippolis Enzo, Mondadori 2006 (Cap. III, pg. 90)
  5. ^ Geografia, IX, 395
  6. ^ De Architectura, VII praef. 16

Bibliografia

  • Antonio Giuliano, Arte greca : Dall’età classica all’età ellenistica, Milano, Il saggiatore, 1987, pp. 598-600.
  • L’architettura greca : dalle origini all’eta classica / di Giorgio Bejor e Francesca Ghedini. In: Archeo, n. 99 (maggio 1993).
  • Arte e archeologia Greca / John Griffiths Pedley. – Roma : Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ; Libreria dello Stato, 2005 – 400 p. : ill. ; 25 cm;
  • Mysteria. Archeologia e culto del santuario di Demetra a Eleusi / Lippolis Enzo, Mondadori 2006 (Cap. III, pg. 90)

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